Newsletter Edilizia: aggiornamento al 10/05/2024

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Sicurezza e patente a crediti: incontro con il Ministro del Lavoro Calderone e il Sottosegretario Durigon

Lo scorso 7 Maggio si è svolto un nuovo incontro al Ministero del Lavoro sui recenti provvedimenti relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro e, in particolare, nei cantieri edili.

La riunione, presieduta dalla Ministra del lavoro Calderone e dal Sottosegretario Durigon, è stata convocata per avviare un confronto sulla fase attuativa seguente all’entrata in vigore della legge n.56/2024 (che ha convertito in legge il D.L. n.19/2024 che ha introdotto la “patente a crediti”) e sulle ulteriori misure inserite nel cosiddetto “Decreto Primo Maggio” che ha esteso le misure sulla verifica della congruità a tutti gli appalti pubblici e a quelli privati di importo superiore a € 70.000,00.

L’intenzione è quella di procedere a una serie di incontri per definire il decreto attuativo sulla patente a crediti, partendo dall’Avviso comune sottoscritto dalle parti sociali nel 2011 che andrà comunque aggiornato e contestualizzato sulla base di quanto previsto dall’attuale normativa. Tale documento prevedeva anche requisiti minimi per l’accesso al settore, indicando, in particolare, i requisiti del responsabile tecnico, del servizio di prevenzione e protezione e i requisiti di capacita tecnico finanziaria dell’operatore economico.

Nel corso della riunione, il Presidente di CONFAPI ANIEM, Giorgio Delpiano ha espresso il convincimento che la patente non diventi uno strumento unicamente repressivo nei confronti delle imprese, ma che stimoli i percorsi formativi e di qualificazione degli operatori, valorizzandone storicità e investimenti costanti in materia di prevenzione e sicurezza.

Altri tavoli specifici di confronto saranno attivati dal Ministero sul “Decreto Formazione” e sul “protocollo per le emergenze climatiche”.

SUPERBONUS: obbligo di spalmare i crediti in 10 anni, effetto retroattivo solo per l’anno 2024

Intervenendo in Commissione Finanze sulla conversione in legge del decreto superbonus (D.L. 39/2024), il Ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti ha preannunciato un emendamento finalizzato a rendere obbligatoria la previsione di spalmare i crediti in 10 anni, “già a partire dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame”.

Come noto, nei giorni scorsi tutte le organizzazioni imprenditoriali della filiera delle costruzioni avevano inviato una nota congiunta al Ministro per scongiurare tale ipotesi, evidenziando come in questo modo si rischi di compromettere tutti i piani economico-finanziari delle aziende, mettendo in dissesto le imprese che confidavano di poter utilizzare il credito, acquisito come pagamento del corrispettivo contrattuale, in 4 anni.

Il sottosegretario dell'Economia Federico Freni, a margine dei lavori della Commissione Finanze del Senato sul decreto superbonus, ha successivamente chiarito che " la retroattività è limitata alle spese sostenute nell'esercizio fiscale vigente alla data di entrata in vigore della norma, e quindi a tutte le spese sostenute nell'esercizio del 2024. Pertanto una spesa di gennaio è retroattiva, ma una sostenuta a dicembre 2023 non è eleggibile alla rateizzazione obbligatoria in 10 anni."

Si stima che l’effetto retroattivo limitato alle spese già effettuate nel 2024 riguarderà un importo di circa 5 miliardi.

Chiarimenti ANAC su frazionamento appalti e obbligo di rotazione

Con un atto del 16 aprile u.s. (n.757/2024), l’ANAC ha fornito chiarimenti su alcuni principi orami consolidati nella normativa in materia di contratti pubblici.

Ricorda, in particolare, l’Autorità che, al fine di evitare un artificioso frazionamento dell’appalto e una possibile violazione della soglia per l’utilizzo dell’affidamento diretto o della procedura negoziata, le stazioni appaltanti devono prestare attenzione alla corretta definizione del proprio fabbisogno in relazione all’oggetto degli appalti.

In ordine al generale divieto di frazionamento di un appalto, l'Autorità evidenzia considerazioni già espresse secondo le quali “Il divieto di frazionamento di un appalto assurge a principio generale, avente la finalità di sottrarre da indebite ed arbitrare scelte di “comodo” l’affidamento diretto di commesse che richiedono procedure di evidenza pubblica” (del. n. 567 del 12.6.2019) e che “in caso di contemporaneo affidamento di una pluralità di contratti di appalto di servizi, anche mediante lotti distinti, si deve computare il valore complessivo degli stessi e, ove questo valore superi la soglia prevista dall’art. 35 comma 1 del d.lgs. n. 50/2016, la stazione appaltante deve espletare le relative procedure di affidamento nel rispetto delle norme comunitarie previste dal Codice dei contratti per gli affidamenti sopra soglia” (del. n. 34 del 26 gennaio 2022).

Sulla corretta applicazione del principio di rotazione, inoltre, l’ANAC ha ricordato che:

  • nei lavori si applica il principio di rotazione degli affidamenti e degli inviti operati negli ultimi tre anni solari, con riferimento all’affidamento immediatamente precedente a quello di cui si tratti, nei casi in cui i due affidamenti, quello precedente e quello attuale, abbiano ad oggetto una commessa rientrante nella stessa categoria di opere;
  • il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento (ora con l’entrata in vigore del d.lgs. 36/2023, questo divieto di invito non si applica più all’operatore invitato e non aggiudicatario).
  • Il divieto di riaffidamento nei confronti del contraente uscente non assume tuttavia valenza assoluta, in quanto si ritiene ammissibile una deroga da parte della stazione appaltante che reinviti o riaffidi al contraente uscente, purché motivi in maniera puntuale la scelta “in considerazione della particolare struttura del mercato e della riscontrata effettiva assenza di alternative, tenuto altresì conto del grado di soddisfazione maturato a conclusione del precedente rapporto contrattuale (esecuzione a regola d’arte e qualità della prestazione, nel rispetto dei tempi e dei costi pattuiti) e della competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi praticati nel settore di mercato di riferimento” (Linee Guida n. 4 punto 3.7).

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva “Case Green”

Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea dello scorso 8 maggio è stata pubblicata la c.d. Direttiva “case green” (Dir. 2024/1275): la Direttiva entrerà in vigore il 29 maggio 2024 e gli Stati membri dovranno recepirla entro i successivi due anni (29 maggio 2026).

Il provvedimento, composto da 38 articoli e 10 allegati, prevede, requisiti minimi di prestazione energetica, distinguendo tra edifici esistenti e edifici di nuova costruzione.

L’Art. 7 dispone che siano a emissioni zero, a decorrere dal 1° gennaio 2028 gli edifici di nuova costruzione di proprietà di enti pubblici e a decorrere dal 1° gennaio 2030, tutti gli edifici di nuova costruzione.

Il consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale dovrà diminuire:

a) di almeno il 16 % rispetto al 2020 entro il 2030;

b) di almeno il 20-22 % rispetto al 2020 entro il 2035;

c) entro il 2040, e successivamente ogni cinque anni, dovrà risultare equivalente o inferiore al valore determinato a livello nazionale conseguente a un progressivo calo del consumo medio di energia primaria in linea con la trasformazione del parco immobiliare residenziale in un parco immobiliare a emissioni zero.

L’Art. 13 prevede la previsione di nuovi incentivi e finanziamenti per favorire il passaggio a sistemi di riscaldamento non basati sui combustibili fossili e la sostituzione delle caldaie uniche alimentate a combustibili fossili negli edifici esistenti. Inoltre, come specificato nell'art. 17, dal 1° gennaio 2025 gli Stati membri non potranno più offrire incentivi finanziari per l’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili fossili.

In merito ai possibili incentivi a sostegno della riqualificazione energetica, lo stesso art. 17 dispone che gli Stati membri predispongano finanziamenti e misure di sostegno al fine di realizzare gli investimenti necessari per trasformare il parco immobiliare in edifici a emissioni zero entro il 2050. In questo ambito, gli Stati:

  • provvedono affinché le procedure di domanda e la concessione di finanziamenti pubblici siano agevoli e semplificate;
  • valutano e, se del caso, affrontano gli ostacoli relativi ai costi iniziali delle ristrutturazioni;
  • promuovono lo sviluppo e l’uso efficaci di strumenti d’investimento e di finanziamento abilitanti, quali prestiti per l’efficienza energetica e mutui ipotecari per la ristrutturazione degli edifici, contratti di rendimento energetico, regimi finanziari in funzione del risparmio, incentivi fiscali, ad esempio aliquote fiscali ridotte sui lavori e sui materiali di ristrutturazione, sistemi di detrazioni fiscali, sistemi di detrazioni in fattura, fondi di garanzia, fondi destinati a ristrutturazioni profonde, fondi destinati alle ristrutturazioni che garantiscono una soglia minima significativa di risparmi energetici mirati e norme relative al portafoglio di mutui ipotecari.

Cambia, infine, anche l’attestato di prestazione energetica (APE) che, entro il 29 maggio 2026, dovrà essere dovrà essere conforme al modello indicato dalla Direttiva (ALL.V).

In discussione alla Camera DDL su ricostruzione

Alla Camera è in discussione un disegno di legge presentato dal Ministro della Protezione Civile, Nello Musumeci per definire una legge quadro in materia di ricostruzione post calamità che consenta di superare l’attuale sistema normativo ritenuto poco organico, frammentario, stratificato nel tempo e differenziato per territori.

Il provvedimento intende introdurre una normativa uniforme che garantisca il coordinamento delle procedure e delle attività successive a quelle poste in essere dal sistema di protezione civile nei territori colpiti dagli eventi calamitosi, prevedendo il cosiddetto “stato di ricostruzione di rilievo nazionale” che fa seguito allo “stato di emergenza”.

L’obiettivo del disegno di legge è, in sostanza, quello di definire un modello unico per la ricostruzione in una prospettiva di semplificazione, di coordinamento e di accelerazione delle relative procedure amministrative.

Gli articoli del provvedimento sono pertanto finalizzati a disciplinare, in particolare:

le dichiarazioni dello “stato di ricostruzione”,

  • la nomina e le funzioni del Commissario e della Cabina di coordinamento per la ricostruzione;
  • l’istituzione dei fondi di finanziamento degli interventi e delle attività necessarie per la ricostruzione dei territori per i quali sia stato dichiarato lo stato di ricostruzione;
  • gli interventi sui centri storici;
  • la ricostruzione privata e la procedura per la concessione dei contributi;
  • la ricostruzione pubblica;
  • i soggetti attuatori degli interventi relativi alle opere pubbliche e ai beni culturali;
  • le disposizioni in materia di trattamento e trasporto dei materiali derivanti dall'evento calamitoso;
  • la tutela dei lavoratori.

Esclusione automatica solo se prevista nella Lex Specialis

Il TAR Campania (Sent. n. 3001 dell’8 Maggio u.s.), intervenendo sull’applicazione dell’esclusione automatica delle offerte anomale nelle gare sotto soglia, ha sostenuto la necessità che questa sia prevista negli atti di gara.

I Giudici hanno richiamato la necessità di applicare l’art. 54 del d.lgs. n. 36/2023. Tale norma stabilisce che in caso di appalti di lavori o di servizi di importo inferiore alle soglie comunitarie e non aventi un interesse transfrontaliero certo, “le stazioni appaltanti, in deroga all’articolo 110, prevedono negli atti di gara l’esclusione automatica”.

Pertanto “nel vigore del nuovo codice dei contratti pubblici l’esclusione automatica di un’offerta sospetta di anomalia deve essere espressamente prevista nella lex specialis (analogamente a quanto previsto dall’art. 97, comma 8, del D.LGS 50/2016), atteso che l’articolo 54 del d.lgs. 36/2023 derogherebbe esplicitamente all’articolo 110, stesso decreto, dedicato al procedimento di verifica delle offerte anormalmente basse”.

Ad avviso del Collegio Giudicante, la mancata previsione negli atti di gara dell’esclusione automatica delle offerte anomale, con la mancata indicazione del metodo per l’individuazione delle stesse, non poteva essere colmata, ovvero sanata ex post dalla stazione appaltante con la comunicazione inviata successivamente alla ricorrente.

Accordi Quadro: requisiti di qualificazione da verificare sull’importo totale e non sui singoli interventi

Secondo il Consiglio di Stato (Sent. n.3663 del 22 aprile 2024) negli accordi quadro, caratterizzati da una pluralità di interventi, i requisiti di qualificazione devono essere verificati rispetto all’importo totale dell’accordo quadro e non all’importo dei singoli interventi.

Il contratto oggetto della gara rientrava “nel genus del partenariato pubblico-privato con finanziamento privato degli interventi e trasferimento del rischio operativo (il conseguimento del risparmio energetico) in capo al concessionario”.

Nella procedura aperta, finalizzata all’individuazione del soggetto con cui la Provincia di Savona avrebbe dovuto stipulare il “Contratto Quadro” a valle del quale stipulare i “Contratti Attuativi”, l’aggiudicatario aveva dimostrato il possesso dell’attestazione SOA (OG10) per una classifica di importo commisurata ai singoli autonomi interventi da eseguire in favore di ogni ente concedente.

L’aggiudicazione veniva impugnata davanti al giudice amministrativo da parte del concorrente secondo classificato secondo il quale l’importo da prendere in considerazione doveva essere quello complessivo dell’Accordo quadro; tesi condivisa dal Tar Liguria che accoglieva il ricorso.

Per il Consiglio di Stato l’indicazione del Disciplinare “all’importo dei lavori di riqualificazione”, è chiara nell’esprimere la volontà di valutare i requisiti degli operatori rispetto all’importo totale degli interventi complessivi e non all’importo dei singoli interventi".

Tale conclusione è ulteriormente supportata dall’esigenza di dare corretta applicazione al principio di proporzionalità (art. 10, comma 3 del Dlgs 36) che impone di definire requisiti “attinenti e proporzionati” all’oggetto del contratto, tenendo conto dell’interesse pubblico alla massima partecipazione alle gare e favorendo l’accesso al mercato delle micro, piccole e medie imprese.

Pertanto, anche il Consiglio di Stato ha condiviso la tesi dell’impresa ricorrente e il giudizio del TAR, ritenendoli più aderenti al principio di proporzionalità dei requisiti.

  • 13 maggio 2024
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